513SL - DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA 2018
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Nelle conclusioni del Consiglio europeo del 19 febbraio 2016 compare, all'Allegato I, una "Decisione dei Capi di Stato o di Governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito nell'Unione europea". La decisione fa stato di un "accordo in forma semplificata", interpretativo delle disposizioni rilevanti dei Trattati sull'Unione, adottato dai Capi di Stato o di Governo dei 28 nella loro capacità di rappresentanti dei governi degli Stati membri.
Si raccomanda in particolare la lettura delle Sezioni C e D della Decisione.
Al punto I.2 delle Conclusioni, il Consiglio europeo afferma di aver "convenuto che il seguente insieme di disposizioni, che sono pienamente compatibili con i trattati e prenderanno effetto alla data in cui il governo del Regno Unito informerà il segretario generale del Consiglio che il Regno Unito ha deciso di restare membro dell'Unione europea, costituisce una risposta appropriata alle preoccupazioni del Regno Unito", espresse nella lettera inviata al Consiglio europeo stesso a novembre 2015.
Al punto I.4 delle Conclusioni, è peraltro disposto quanto segue: "Resta inteso che, qualora il risultato del referendum nel Regno Unito fosse favorevole all'uscita di quest'ultimo dall'Unione europea, l'insieme di disposizioni di cui al punto 2 cesserà di esistere". L'esito favorevole del referendum sulla Brexit ha dunque comportato che la "Decisione" allegata ha "cessato di esistere".
Si noti che un riferimento, indiretto, all'inefficacia di tale "Decisione" sembra far riferimento la Corte nella sentenza Wightman (10.12.2018, infra, L'ordinamento dell'Unione), ai punti 74 e 75, quando afferma che l'eventuale revoca della notifica sul recesso "è finalizzata a confermare l’appartenenza dello Stato membro di cui trattasi all’Unione in termini immutati per quanto riguarda il suo status di Stato membro e pone fine alla procedura di recesso".
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La Corte di giustizia (Grande Sezione), nella fondamentale sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio c. Commissione (AMF), è stata investita dal Consiglio di un ricorso di annullamento contro la decisione con cui la Commissione ha ritirato la sua proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le disposizioni generali relative alla assistenza macro-finanziaria ai paesi terzi (v. documento allegato).
La Corte ha avuto occasione di sancire i presupposti e i caratteri del potere di proposta della Commissione, ivi comprese le garanzie che circondano, secondo i Trattati, il suo esercizio (punti 70-76).
Ha riconosciuto, in particolare, che il potere di modifica della proposta, sussistente fintantoché "il Consiglio non ha deliberato", implica il potere della Commissione di ritirare la proposta. Ha enucleato i limiti cui tale potere implicito è soggetto.
L'esercizio del potere di ritiro della proposta "non può [...] investire tale istituzione di un diritto di veto nello sviluppo del procedimento legislativo, il che sarebbe contrario ai principi di attribuzione delle competenze e dell’equilibrio istituzionale" (punto 75). Pertanto la Commissione, quando ritira una proposta già presentata, deve motivare adeguatamente la decisione di ritiro (obbligo di motivazione) così da consentire alla Corte d'esercitare il suo controllo (sindacato giurisdizionale), attivato dalle altre Istituzioni interessate (punto 78).
Nel caso di specie la Commissione ha giustificato il ritiro della proposta con l'argomento che Consiglio e Parlamento, coi loro emendamenti, avrebbero altrimenti "snaturato" la sua proposta originaria. La Corte ritiene che tale motivo sia adeguato (punto 82) giacché l'emendamento concordato in sede legislativa avrebbe avuto l'effetto di privare la proposta della sua finalità principale (punto 85 ss.; specialmente 94).
Secondo la Corte la Commissione non ha violato dunque il principio di attribuzione o il principio di equilibrio istituzionale; neppure ha violato - agendo in conformità ai Trattati - il principio di democrazia (punti 95 e 96).
Infine, il potere di ritiro è stato esercitato nel rispetto del principio di leale collaborazione (art. 13, par. 2, TUE), come risulta dalla disponibilità della Commissione a dialogare lealmente con il co-legislatore (specialmente punti 97-98, 103-104).
In conseguenza la Corte respinge il ricorso (ex art. 263 TFUE).
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Le variegate posizioni dei parlamentari europei sulla Brexit: l'importanza di "trattenere" il Regno Unito, campione di libertà e di competitività, nell'Unione europea; la riconciliazione tra il ceto politico e il voto popolare britannico: un'uscita immediata e automatica, il 29 marzo 2019, previo "veto" del Consiglio europeo alla proroga del periodo transitorio (art. 50, par. 3, TUE); la necessità per il Regno Unito d'accettare il "deal" già politicamente approvato in Consiglio (25.11.2018: v. il testo in https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/european-council/2018/11/25/ )
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In allegato la Guida alla lettura della sentenza Wightman con istruzioni per l'esercitazione del 27 marzo 2019